Dune di metallo
Il rombo dell’acciaio annichilisce i ricordi. L’alluminio sferza l’emozione e il cuore è una scatola di latta. Tra le macchie di ruggine non si cela più il tuo volto e i sogni, nella schiuma oleosa, sono bolle di sapone senza sostanza. Il contatto con la pelle bagnata della mia compagna è un viscido scontro di frustrazioni, e i nervi non li sfiora neanche. Le parole delle canzoni ondeggiano lungo l’aria malata come foglie rinsecchite e cadenti. I glutei di chi mi porta i vassoi sono solo i glutei di chi mi porta i vassoi. Anche se un compassionevole sorriso è il sole in un deserto gelato.
Ricerco il mio cuore, ma l’acquavite mi conduce alla rabbia. Il mio torace appare vuoto allorché penso alla casa di un tempo. Il ritmico movimento delle mani, gonfie e tagliuzzate, è quello di un serpente a sonagli che incanta prima di colpire. Scivolare lungo il pavimento bagnato è l’inizio della trasformazione dall’umano al sub-umano. L’essenza dell’acciaio lungo le dita ferite risale fino al midollo dello spirito che si tinge di un grigio spettrale. Le dune di metallo e un sole di neon, il riflesso morente dei miei occhi, un ricordo che si allontana per salvarsi da solo, il sangue che si ferma prima del cuore e una speranza che si conserva per domani: cronaca odierna dal mondo delle pentole.
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