giovedì 18 ottobre 2007


Treno 2002.

Vivrai. Il modo tuo in me. Come poesia.
Perisce Bellezza sotto i colpi del tempo.
Lacrime il cielo raccoglie
E appassiscono i tuoi occhi.
Letizia sarà Mancanza in parole inadeguate.
Tempo che non c’è nel mio sguardo impietrito.
Ora che fremo. E domani. Che reggo l’assoluto.
Povero lascio te mai conosciuta
E, ricco del Ricordo, è caldo il mio sorriso.
Dai confini argentati nubi e godere oscurità:
aura del tuo sguardo perso.Vivrai. Il tuo modo in me Mancanza.
Come poesia.

martedì 2 ottobre 2007



Meccanica e attività.

Ho agito. Cioè sto agendo. Cioè continuo ad agire la medesima azione in ogni momento. Insieme ad essa un’infinità di altre azioni. Nobili e spregevoli. Bestiali, troppo umane, troppo pure, morali, astratte, concrete, speciali, banali. Sto agendo sempre le stesse azioni. E quelle future già interagiscono con quelle che non possono terminare di agire.
Non c’è redenzione: il fatto è ciò che si continua a fare. Se non ci fosse la morte, per sempre. Sto continuando a sputare saliva insieme con parole di nauseabonda gomma su me stesso. Su di te e dunque su di me. E una volta fatto l’ho fatto per sempre, cioè continuo a farlo. Anche se sembro un pesce, riflessivo ed empatico. Sono muto, ma non posso contemporaneamente non proferire parola. Ho parlato una volta, ho parlato per sempre.
La vita: un eterno rifare.